Coltivare cannabis in contesto domestico è una scelta che fanno sempre più persone. Nel momento in cui la si chiama in causa, sono diversi gli aspetti ai quali porre attenzione. Tra questi, rientra il focus sui migliori semi di marijuana da scegliere. Non ci sono regole scritte sulla pietra da questo punto di vista. Per amor di precisione, ricordiamo che si parla di consigli. Nell’elenco, rientra il fatto di orientarsi, se possibile, verso i semi autofiorenti nei casi in cui si parte da zero.
Quali sono le loro caratteristiche principali? Una delle più importanti riguarda senza dubbio il fatto di non essere fotoperiodici. La mancanza di vincoli per quanto riguarda la luce e il fatto di crescere sulla base dell’età rendono la loro gestione molto più semplice.
Inoltre, quando li si chiama in causa si inquadrano semi che sono in grado di regalare raccolti con piantine di dimensioni discrete. Cosa si può dire in merito ai consigli per gestire al meglio il terriccio quando li si coltiva? Nelle prossime righe di questo articolo abbiamo raccolto cinque consigli da conoscere assolutamente sul tema.
Meglio un terriccio leggero o pesante?
I suggerimenti da seguire quando si parla di cannabis autofiorente sono molto chiari: l’optimum prevede il fatto di focalizzarsi su un terriccio leggero. Le cose vanno ancora meglio se si opta per un terreno di coltura parecchio aerato.
Terriccio pronto all’uso: sì o no?
Sono numerose le domande che gli utenti in procinto di acquistare per la prima volta il terriccio per cannabis si pongono. Tra questi interrogativi rientra la possibilità di focalizzarsi o meno sulle soluzioni pronte all’uso in caso di cannabis autofiorente. Gli esperti consigliano di evitare. Come mai? Per un motivo molto semplice: i semi ai quali stiamo dedicando queste righe necessitano di una quantità ridotta di nutrienti. Acquistando le confezioni di terriccio pronto all’uso, il rischio è quello di abbondare, il che non fa bene alle piante (ciò vale soprattutto se è presente l’azoto).
Aggiungere il guano di pipistrello? Meglio di no!
Quando si ha a che fare con le piante di cannabis fotoperiodiche, capita spesso di sentirsi consigliare il ricorso al guano di pipistrello come concime. Nel caso delle autofiorenti, è meglio evitare. Come già detto, parliamo di una tipologia di pianta che non ama particolarmente i terreni ricchi di sostanze nutritive.
Nel caso del guano di pipistrello, abbiamo a che fare con il sopra citato azoto che, ribadiamo, non è il massimo per i semi a cui è dedicato questo articolo.
Come arricchire nel modo giusto il terriccio per le autofiorenti
Attenzione: il terriccio per la cannabis autofiorente non deve essere lasciato a se stesso. Esistono diverse strategie da seguire per arricchirlo senza provocare danni alle piante. Nell’elenco rientra l’aggiunta di perlite. Questo materiale naturale, commercializzato sotto forma di palline di piccole dimensioni e di colore bianco, si contraddistingue per diverse proprietà interessanti. Tra queste troviamo la capacità di assorbire al meglio l’acqua. Quest’ultima, viene successivamente rilasciata nel terreno assieme a diverse sostanze nutritive.
Inoltre, è in grado di ottimizzare il drenaggio del terriccio di coltivazione. Quest’ultimo risulta perfettamente ossigenato e aerato. Ricordiamo infine che, per applicare al meglio la perlite, è necessario tenere conto di una quantità pari al 10/15% del volume del terriccio (si tratta però di una stima di massima, in quanto i dettagli possono variare sulla base del livello di porosità che si ha intenzione di ottenere).
Cosa fare se il clima è particolarmente caldo
Se si coltiva cannabis autofiorente all’aperto in periodi particolarmente caldi, per evitare che si danneggiano le radici è consigliabile ricorrere ai polimeri idrofili. Grazie ad essi, è possibile ridurre notevolmente il numero delle irrigazioni. A chi coltiva cannabis autofiorente si raccomanda anche l’utilizzo dei cristalli che si trovano all’interno dei pannolini.